Una Collana di Ruggine – intervista di Margaret Killjoy

“Ruggine potrebbe essere quanto di più simile si possa trovare a una pubblicazione sorella dello Steampunk Magazine“, scrive Margaret Killjoy nella sua intervista a Collane di Ruggine. E dato che noi questa sorellanza la proviamo da tempo, siamo felici di ripubblicare la sua intervista, uscita sul numero 8 dello Steampunk Magazine. Ma oltre a questa chiacchierata, vale la pena di leggere l’intera rivista: scaricatela da qui oppure ordinatela.

SPM: Potreste presentare Ruggine ai nostri lettori? Che cosa significa il nome? Che tipo di storie pubblicate?

reginazabo: Ruggine è una fanzine di letteratura fantastica radicale e illustrazioni. Pubblichiamo racconti che cercano di dissezionare il nostro mondo tragico e patetico attraverso l’ironia e la fantasia, nella convinzione che a volte le metafore possano essere più forti e convincenti del più obiettivo dei saggi. Abbiamo un approccio do-it-yourself all’intero processo: nostro terreno di coltura sono la comunità punk DIY e la scena hacker italiane, che sono molto interconnesse, perché in Italia gli hacklab si trovano spesso all’interno di squat e centri sociali. Quindi non solo i nostri autori e i nostri illustratori fanno parte di questo ambiente, ma anche persone come quelle che hanno contribuito alla grafica hanno idea di cosa sia l’open-source. Le nostre pubblicazioni vengono rilasciate sotto no-copyright o al massimo con una licenza CC, e cerchiamo di usare strumenti open-source e risorse autoprodotte anche per l’impaginazione e per la distribuzione: dal software libero che usiamo per impaginare (Scribus) ai font open fino a una piattaforma di distribuzione che ci permette di trovare coproduttori per le nostre pubbicazioni future (produzionidalbasso.com).
All’inizio pensavamo di fare libri, e la nostra prima produzione è stata un breve saggio sul rapporto fra umanità e tecnologia alla luce delle opere di J.G. Ballard. Quando parlavamo dei nostri progetti futuri, il decadimento era sempre oggetto delle nostre riflessioni, quindi abbiamo deciso che un bel nome per la nostra casa editrice DIY potesse essere Collane di Ruggine, con il gioco di parole fra “gioielli di ruggine” e una “raccolta di libri rugginosi”.
Così ci siamo trovati con una casa editrice arrugginita, ma senza nessun testo lungo da trasformare in libro. Invece avevamo molti racconti che avevamo scritto noi e altri che avevamo trovato in inglese nel web e che volevamo tradurre. Passare a una fanzine è stato immediato, e non abbiamo dovuto pensarci troppo sopra per decidere che ci sarebbero state delle illustrazioni: volevamo qualcosa di piacevole, che le persone avessero voglia di sfogliare e risfogliare fin dal primo sguardo. Anche il titolo è stato immediato: se l’editore era “Collane di ruggine”, la rivista non poteva essere altro che “Ruggine”.

Pinche: Ruggine è una piccola rivista autoprodotta. Apparteniamo un po’ tutti a questa buffa comunità fatta di squatter, hacker, antipsichiatrici, punk e creature simili. A un certo punto abbiamo iniziato a riflettere sul fatto che in questa comunità circolavano molti saggi, veniva creata musica belissima, scritte pièce teatrali stupefacenti, costruiti case e manufatti, ma non veniva prodotta narrativa. Abbiamo iniziato a riflettere sul fatto che alla nostra comunità servisse ricostruirsi un immaginario reso forse troppo arido da anni di quotidiane lotte e quotidiane frustrazioni. Gli scrittori di Ruggine sono persone molto diverse tra loro, ma in qualche modo condividono una passione per la letteratura fantastica (amiamo usare questa definizione di Italo Calvino che aggiunge una profondità diversa a quella di fantascienza) e amano sprofondare la realtà in una dimensione più ricca. Non c’è mai stata in Ruggine una “linea editoriale” decisa a tavolino, scegliamo i racconti annusandoli e cercando quell’atmosfera fantastica capace di andare al cuore delle questioni pur parlando di cose apparentemente molto lontane. Una scrittura in qualche modo archetipica, che parli all’uomo in modo paradossalmente più diretto di mille racconti di cronaca.
La Ruggine è uno di questi archetipi: è il risultato di un materiale che era e che si sta trasformando in qualcos’altro, è il passato divenuto futuro in un modo doloroso e bellissimo. Ce lo immaginiamo fatto di ruggine e ricoperto di piante il mondo esploso che rappresenta il nostro non-futuro.

SPM: Com’è la scena steampunk in Italia? Com’è interagire con questa scena per delle persone di vedute radicali? E viceversa, che reazioni generano le vostre storie nella scena radicale?

reginazabo: Non conosco una “scena steampunk” italiana: ci sarà qualche cos-player, un paio di siti, ma non ho mai sentito parlare di eventi steampunk. Francamente, le uniche feste steampunk a cui sono stata erano state organizzate da persone collegate a Collane di Ruggine e quindi alla scena punk/squatter/hacker. Ho cercato di mettermi in contatto con autori steampunk, ma li ho trovati un po’ deludenti, forse perché non avevo ancora capito che spesso lo steampunk è tutt’altro che punk, e non solo in questo paese. In Italia quasi tutta la letteratura steampunk è in realtà letteratura di genere con un tocco vittoriano, quindi si trovano romanzi fantasy vittoriani e qualche giallo vittoriano, ma niente di particolarmente straordinario per quanto ne so io. Eppure credo che lo steampunk avrebbe molte più potenzialità, ho cercato di spiegare il motivo nell’introduzione alla traduzione italiana della Guida steampunk all’acpocalisse, ma per farla breve lo steampunk ci offre la possibilità di raccontare la storia da un punto di vista diverso, radicale, e mi piacerebbe vedere più spesso questa tendenza nell’ambiente letterario steampunk.
D’altra parte, la Guida steampunk all’apocalisse (che è stata pubblicata da Agenzia X ma è uscita in contemporanea con il primo numero di Ruggine, che conteneva una storia e alcune illustrazioni tratte dal primo numero dello Steampunk Magazine) è stata un successo in Italia: qui molti hanno scoperto lo steampunk attraverso questo libro, e mi fa piacere che il loro avvicinamento a questa subcultura sia stato radicalizzato fin dall’inizio, con una mescolanza fra l’estetica steampunk e l’approccio punk DIY. Nella scena radicale abbiamo avuto una buona risposta: molti ci mandano le loro storie e ci invitano a presentare il nostro progetto nei centri sociali, ma penso che più che allo steampunk (che comunque è molto apprezzato), questo sia dovuto al nostro approccio generale alla letteratura radicale.

Pinche: Quando abbiamo letto la vostra visione dello steampunk nelle pagine dello Steampunk Magazine abbiamo pensato che era proprio quello che eravamo: delle creature più punk che steam, decise a riaffermare lo stretto legame che c’è tra le due cose. Purtoppo però non abbiamo ritrovato questo spirito in quasi niente di quello che esiste in Italia. Mi vengono in mente in Italia diversi scienziati pazzi che operano nei loro bui scantinati senza sapere di essere degli steampunk perfetti. Quel poco che esiste da noi è spesso intriso di cultura pop (ma di quella peggiore) e narcisismo, estetica, tanta estetica pacchiana e poco interessante. Le presentazioni e i reading che facciamo di Ruggine avvengono quasi sempre in ambiti radicali e abbiamo spesso avuto riscontri molto positivi nonostante la scarsa diffusione. Penso che ci sia una buone dose di resistenza a una visione così poco materialista, ma anche molta curiosità e un particolare senso di liberazione nell’usare dei mezzi espressivi che non siano quelli convenzionali del provetto squatter moderno. Da qualche anno siamo presenza fissa dell’Hackmeeting italiano e penso che siamo percepiti come parte vibrante della comunità per il nostro sentire comune sulla tecnica, il nostro approccio all’autogestione e una ridente visione apocalittica. Il mio obiettivo è far leggere Ruggine al peggior punk di periferia, piuttosto che venga esposta in sofisticati circoli librari, dunque credo di potermi ritenere piuttosto soddisfatta per il momento.


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