Scroogled

In attesa di avere altri materiali da stamparci assieme, ecco Scroogled, l’ultimo racconto di Cory Doctorow, tradotto in italiano sotto la licenza CC del testo inglese. Potete scaricare il pdf oppure leggerlo qui:

 

Google controlla le vostre mail, i vostri video, il vostro calendario, le vostre ricerche… E se controllasse la vostra vita?
di Cory Doctorow

 

Datemi due righe scritte dall’uomo più onesto, e io vi troverò di che impiccarlo.
Cardinale Richelieu

Su di voi non sappiamo abbastanza.
Eric Schmidt, CEO di Google

 

Greg
atterrò all’aeroporto internazionale di San Francisco alle otto di
sera, ma quando finalmente giunse in cima alla coda alla dogana era
passata mezzanotte. Era spuntato fuori dalla prima classe con la pelle
color nocciola, la barba di due giorni e i muscoli rilassati di un mese
di spiaggia a Cabo (passato a fare immersioni tre volte a settimana e a
girare attorno alle studentesse francesi il resto del tempo). Quando era
partito dalla città un mese prima era un rottame, con le spalle
cascanti e la pancia prominente. Adesso era un dio abbronzato e
attirava gli sguardi ammirati delle hostess in fondo alla cabina.

Quattro
ore di fila alla dogana dopo si era lentamente ritrasformato da dio in
uomo. Il lieve stato di euforia si era esaurito, il sudore gli colava
giù per il culo e le spalle e il collo erano tanto tesi che al posto
della schiena gli pareva di avere una racchetta da tennis. Le batterie
dell’iPod erano morte da un pezzo e a lui non era rimasto altro da fare
che mettersi a origliare i discorsi della coppia di mezz’età davanti a
lui.

– Le meraviglie della tecnologia moderna, – disse la donna indicando con la spalla un cartello lì vicino: Immigration – Powered by Google.


Mi pareva che non dovessero iniziare prima del mese prossimo –. L’uomo
si passava di continuo un sombrero dalla testa alle mani.

Google
alla frontiera. Cristo santo. Greg era andato via da Google sei mesi
prima, liquidando le sue azioni per prendersi “un po’ di tempo per me”,
tempo che alla fine si rivelò meno appagante di quanto si fosse
aspettato. Nei cinque mesi che seguirono non fece quasi altro che
riparare i PC degli amici, guardare la TV tutto il giorno e mettere su
cinque chili, che si spiegò con il fatto che era restato a
casa invece di andare al Googleplex, con la sua palestra ben
equipaggiata e aperta ventiquattr’ore su ventiquattro.

Certo:
doveva immaginarselo. Il governo USA aveva sperperato quindici miliardi
di dollari in un programma di raccolta delle impronte digitali e delle
fotografie di chiunque passasse dalla frontiera e non aveva preso
neanche un terrorista. Era chiaro che il settore pubblico non era attrezzato per Effettuare Ricerche Appropriate.

L’agente
del dipartimento di sicurezza aveva le borse sotto gli occhi e lanciava
occhiate al suo monitor, picchiettando sulla tastiera con dita come
salsicciotti. Non stupiva che ci volessero quattro ore per uscire da
quel dannato aeroporto.

– ’sera, – disse Greg consegnando all’uomo il suo passaporto sudaticcio. L’agente grugnì
e glielo strappò di mano, poi si mise a fissare lo schermo battendo sui
tasti. Un sacco. Aveva un pezzetto di cibo seccato all’angolo della
bocca e la sua lingua spuntò fuori e lo leccò.

– Vogliamo parlare del giugno 1998? –

Greg distolse lo sguardo dal cartello Partenze. – Scusi? –

– Il 17 giugno 1998 ha pubblicato un messaggio su alt.burningman riguardo alla sua intenzione di partecipare a un festival. Ha chiesto: “Ma i funghetti sono proprio un’idea tanto malvagia?” –

L’interrogatore
della sala accessoria di controllo era piuttosto anziano, e tanto
macilento che pareva fosse stato intagliato nel legno. Le sue domande
andarono molto più a fondo dei funghetti.

– Mi parli dei suoi hobby. Si interessa di modellini di razzi? –

– Come? –

– Modellini di razzi –.

– No, – disse Greg. Assolutamente no –. Cominciava a capire dove volevano andare a parare.

L’uomo
prese un appunto, pigiò qualche tasto. – Vede, se gliel’ho chiesto è
perché noto un forte picco sulle inserzioni di componenti di razzi in
corrispondenza dei risultati delle sue ricerche e della sua casella di
posta su Google –.

Greg avvertì uno spasmo alle viscere. – State controllando le mie ricerche e la mia posta elettronica? – Non toccava una tastiera da un mese, ma sapeva che
probabilmente quello che aveva inserito in quella barra di ricerca
rivelava più cose su di lui di quante non ne dicesse al suo
strizzacervelli.

– Signore, stia tranquillo, la prego, – disse
l’uomo con un fischio di scherno. – No, non sto controllando le sue
ricerche: sarebbe incostituzionale. Noi vediamo solo le pubblicità che
compaiono quando legge la sua posta o effettua ricerche. Ho una
brochure che spiega tutto. Gliela darò appena avremo finito –.


Ma le pubblicità non significano niente, – farfugliò Greg. – Mi spunta
la pubblicità delle suonerie di Ann Coulter(1) ogni volta che ricevo
una mail dal mio amico di Coulter, nell’Iowa! –

L’uomo annuì. –
Capisco, signore. Ed è per questo che sono qui a parlare con lei.
Secondo lei come mai le inserzioni dei modellini di razzi compaiono
tanto spesso? –

Greg si lambiccò il cervello. – Va bene, faccia
così. Cerchi “fanatici del caffè” –. Era stato molto attivo in quel
gruppo: li aveva aiutati a costruire il sito per il loro servizio di
abbonamento al “caffè del mese”. La miscela con cui lo avrebbero
lanciato si chiamava Carburante jet. “Carburante jet” e “lanciare”:
probabilmente quelle parole avrebbero fatto sputar fuori a Google delle
inserzioni di modellini di razzi.

Erano in dirittura d’arrivo
quando l’uomo intagliato nel legno trovò le foto di Halloween. Erano
sepolte nella terza schermata dei risultati di ricerca su “Greg
Lupinski”.

– Era una festa a tema sulla guerra del Golfo, – disse lui. – Al Castro –.

– E lei è vestito da…? –

– Attentatore suicida, – rispose lui imbarazzato. Bastò pronunciare quelle parole a farlo sobbalzare.

– Venga con me, signor Lupinski, – disse l’uomo.

Quando
lo rilasciarono erano le tre di notte passate. Le sue valigie stavano
abbandonate vicino al nastro dei bagagli. Le raccolse e vide che erano
state aperte e richiuse senza troppi complimenti. I vestiti spuntavano
fuori dai bordi.

Quando tornò a casa si accorse che le sue finte
statuette precolombiane erano state tutte rotte e al centro della sua
camicia messicana di cotone bianco nuova di zecca c’era un’inquietante
impronta di scarpone. I suoi vestiti non odoravano più di Messico.
Odoravano di aeroporto.

Non sarebbe riuscito a addormentarsi.
Assolutamente. Doveva parlarne con qualcuno. C’era solo una persona che
avrebbe capito. Per fortuna di solito a quell’ora era sveglia.

Maya
aveva cominciato a lavorare da Google due anni dopo Greg. Era stata lei
a convincerlo ad andare in Messico dopo che aveva liquidato le azioni:
dovunque potesse riavviare la sua esistenza, aveva detto.

Maya
aveva due giganteschi labrador color cioccolato e una ragazza molto,
molto paziente di nome Laurie che accettava qualunque cosa tranne di
essere trascinata in giro per il Dolores Park alle sei del mattino da
centosessanta chili di sbavante natura canina.

Mentre Greg le si
avvicinava di corsa, Maya fece per prendere lo spray antiaggressione,
poi, a scoppio ritardato, spalancò le braccia, lasciando
cadere i guinzagli e bloccandoseli sotto la scarpa. – Dovè finito tutto
il resto? Amico, sei diventato un gran figo! –

Lui ricambiò l’abbraccio, rendendosi conto all’improvviso del suo odore dopo una notte di intrusioni via Google. – Maya, – disse, – cosa sai di Google e del dipartimento di sicurezza nazionale? –

Non
fece in tempo a finire la domanda che lei si irrigidì. Uno dei cani si
mise a uggiolare. Lei si guardò attorno, poi indicò i campi da tennis
con un cenno del capo. – In cima al lampione laggiù; non guardare, –
disse. – È uno dei nostri access point WiFi municipali. Webcam grandangolari. Guarda dall’altra parte mentre parli –.

Nel
grande schema delle cose, a Google non era costato tanto installare
webcam in tutta la città. Soprattutto se si considerava la sua capacità
di proporre pubblicità a ognuno in base a dove si trovava. Greg non ci
aveva fatto molto caso quando le telecamere e tutti quegli access point
erano stati aperti al pubblico: per un giorno intero sui blog si era
scatenato il putiferio mentre tutti giocavano con il nuovo giocattolo
onniveggente zoomando su varie zone frequentate dalle prostitute, ma
dopo un po’ lo scalpore si era esaurito.

Sentendosi idiota, Greg bofonchiò: – Mi stai prendendo in giro –.

– Vieni con me, – disse lei girando le spalle al lampione.

I cani non furono felici di accorciare la passeggiata ed espressero il loro scontento in cucina mentre Maya preparava il caffè.


Con il dipartimento di sicurezza siamo giunti a un compromesso, – disse
prendendo il latte. – Loro hanno acconsentito a non attingere più ai
nostri archivi delle ricerche e noi abbiamo accettato di fargli vedere
le pubblicità che comparivano nelle schermate degli utenti –.

A Greg venne la nausea. – Perché? Non dirmi che Yahoo già lo stava facendo… –


No, no. Be’, sì. Yahoo lo stava facendo. Ma non è questo il motivo per
cui Google ha seguito l’esempio. Lo sai: i repubblicani odiano Google.
Da noi la maggioranza è iscritta al partito democratico, quindi
facciamo quello che possiamo per farci la pace prima che ci bastonino.
Non sono I.I.P. – Informazioni Identificative Personali, lo smog tossico dell’età dell’informazione. – Sono solo metadati. Quindi è solo un po’ malvagio –.

– E allora perché tutte queste precauzioni? –

Maya
sospirò e abbracciò il labrador che le si strusciava sul ginocchio con
l’enorme testa. – I servizi sono come pidocchi. Arrivano dappertutto.
Si presentano alle nostre riunioni. È come in un ministero sovietico. E
le autorizzazioni speciali… siamo divisi in due fronti: gli
autorizzati e i sospetti. Sappiamo tutti chi non ha l’autorizzazione,
ma nessuno sa perché. Io ce l’ho. Per mia fortuna, essere lesbica non
significa più essere esclusa. Un autorizzato non si degnerebbe mai di
pranzare assieme a un inautorizzabile –.

Greg era molto stanco. –
Quindi direi che sono stato fortunato a uscire vivo dall’aeroporto.
Avrei potuto finire tra gli “scomparsi” se mi fosse andata male, eh? –

Maya lo guardò fisso. Lui aspettò una risposta.

– Che c’è? –

– Ora io ti dico una cosa, ma tu non dovrai mai farne parola con nessuno, va bene? –

– Ehm… non è che fai parte di qualche cellula terroristica, vero? –


No, è meno semplice di così. La storia è questa: l’esame di sicurezza
aeroportuale è come un varco doganale informatico. Permette agli sbirri
di restringere i criteri di ricerca. Quando ti trattengono alla
frontiera per il controllo secondario, diventi una “persona
interessante” e non ti mollano mai più. Cercheranno minuziosamente il
tuo viso e la tua andatura con le webcam. Ti leggeranno la posta.
Controlleranno le tue ricerche –.

– Non avevi detto che i giudici non glielo avrebbero permesso?… –


I giudici non gli permetterebbero di passarti indiscriminatamente al
vaglio di Google. Ma una volta che entri nel sistema, la ricerca
diventa selettiva. Tutto legale. E quando cominciano a studiarti con
Google, qualcosa lo trovano sempre. Tutti i tuoi dati finiscono in un
grande imbuto che cerca “schemi sospetti” usando la devianza dalla
norma statistica per inchiodarti –.

Greg si sentì come se dovesse
vomitare. – Com’è potuto succedere? Google era un bel posto. “Non
essere malvagio”, giusto? Era il motto aziendale, e per Greg era stato
uno dei motivi principali per prendere il diploma di dottorato in
informatica a Stanford e portarlo direttamente a Mountain View.

Maya
rispose con una risata dura. – Non essere malvagio? Ma dai, Greg. La
nostra lobby è formata dallo stesso manipolo di criptofascisti che ha
tentato di silurare Kerry. Il tabù della malvagità l’abbiamo rotto da
un bel pezzo –.

Restarono zitti per un minuto.

– È tutto
cominciato in Cina, – continuò lei infine. – Una volta che ce li
abbiamo trasferiti, i server sono passati sotto la giurisdizione cinese
–.

Greg sospirò. Conosceva il raggio d’azione di Google fin
troppo bene: ogni volta che visitavi una pagina con la pubblicità di
Google, usavi le mappe di Google o la posta di Google, e perfino se
mandavi un messaggio a un utente di Gmail, la compagnia raccoglieva
diligentemente informazioni su di te. Di recente il software di
ottimizzazione delle ricerche aveva iniziato a usare i dati per
adattare le ricerche Web al singolo utente. Lo strumento si era
rivelato rivoluzionario per i pubblicitari. Un governo autoritario
avrebbe avuto altri obiettivi in mente.

– Ci hanno usato per
costruire i profili di tutti quanti, – continuò Maya. – Quando c’era
qualcuno che volevano arrestare, venivano da noi e trovavano un motivo
per pigliarli. Sulla rete non c’è quasi niente che tu possa fare che
non sia illegale in Cina –.

Greg scosse la testa. – Perché avevano tutto questo bisogno di mettere i server in Cina? –


Il governo aveva detto che ci avrebbe bloccato comunque. E Yahoo era
già lì –. Fecero entrambi una smorfia. A un certo punto ai dipendenti
di Google era venuta l’ossessione di Yahoo, e avevano cominciato a
stare più attenti alle conseguenze della competizione che alle
prestazioni della loro azienda. – Allora ci siamo andati. Ma a molti di
noi l’idea non è piaciuta –.

Maya fece un sorso di caffè e abbassò la voce. Uno dei cani stava annusando con insistenza sotto la sedia di Greg.

– Quasi subito i cinesi ci hanno chiesto di cominciare a censurare i risultati delle ricerche, – disse Maya. – Google ha accettato. La versione aziendale era da
morire dal ridere: “Non stiamo facendo del male: stiamo offrendo ai
consumatori uno strumento di ricerca migliore! Se gli mostrassimo dei
risultati cui loro comunque non potrebbero accedere, rimarrebbero
soltanto frustrati. Sarebbe un’esperienza negativa di utilizzo” –.

– E adesso? – Greg allontanò un cane. Maya ne parve ferita.


Adesso sei una persona interessante, Greg. Google ti pedina. Adesso
vivi tutta la tua vita con qualcuno che ti sta costantemente dietro una
spalla a osservarti. Sai qual è l’obiettivo, no? “Organizzare le
informazioni del mondo”. Ogni cosa. Dagli ancora cinque anni e sapremo
quanti stronzi c’erano nella tazza prima che tirassi lo sciacquone.
Unisci il tutto all’automatico sospetto per chiunque corrisponda al
quadro statistico del tipo cattivo e sei… –

– Fottuto (2)–.

– Completamente, – annuì lei.

Maya
portò i due labrador nella camera da letto in fondo al corridoio. Lui
la sentì discutere sottovoce con la compagna e lei tornò sola.

– Posso risolvere io la cosa, – disse in un sussurro incalzante. – Quando i cinesi hanno cominciato a fare retate, con i miei podmate
abbiamo dedicato il nostro progetto del 20 per cento a metterglielo in
culo –. (Tra le innovazioni apportate da Google all’azienda c’era la
regola per cui ogni dipendente doveva dedicare il 20 per cento del suo
tempo a progetti personali di nobili intenti.) “Lo chiamiamo
Googlecleaner. Si infila nel data base e ti normalizza a livello
statistico. Le tue ricerche, i tuoi istogrammi su Gmail, i tuoi schemi
di navigazione. Tutto. Greg, posso ripulirti. È l’unica soluzione –.

– Non voglio che ti cacci nei guai –.

Lei
scosse la testa. – Io sono già condannata. Ogni giorno che passa da
quando ho creato questa dannata cosa è tempo preso in prestito: non ci
vorrà molto prima che qualcuno faccia notare la mia esperienza e la mia
storia al dipartimento di sicurezza e poi, oh, non so. Qualunque cosa
facciano alle persone come me nella guerra dei sostantivi astratti –.

A Greg tornò in mente l’aeroporto. La perquisizione. La sua camicia, l’impronta di scarpone nel centro.

– Fallo, – disse.

Il
Googlecleaner fece miracoli. Greg lo capì dalle pubblicità che
spuntarono accanto alle sue ricerche, pubblicità chiaramente dirette a
qualcun altro: dati sul design intelligente, corsi universitari online,
un futuro senza terrore, un software per bloccare i siti porno, il
problema degli omosessuali, biglietti scontati per Toby Keith(3). Erano gli effetti del programma di Maya. Era chiaro che la nuova ricerca
personalizzata di Google lo aveva classificato come tutta un’altra
persona, un conservatore timorato di Dio con un debole per la musica
folk.

A lui la cosa stava benissimo.

Poi cliccò sulla
rubrica e trovò che mancavano metà dei suoi contatti. La sua cartella
della posta in entrata su Gmail aveva tanti buchi quanto un tronco
infestato dalle termiti. Il suo profilo su Orkut, normalizzato. Il
calendario, le foto di famiglia, i segnalibri: tutto vuoto. Prima di
allora non si era mai reso davvero conto di quante cose della sua vita
fossero migrate sul web e si fossero infilate nelle webfarm di Google:
tutta la sua identità online. Maya lo aveva ripulito da cima a fondo:
era diventato l’uomo invisibile.

Greg pestò assonnato i tasti del portatile che aveva accanto al letto, riportando in vita lo schermo. Lanciò un’occhiata all’orologio lampeggiante sul pannello
della scrivania: 4.13 del mattino! Cristo santo, chi era che veniva a
bussare alla porta a quell’ora?

Gridò: – Arrivo! – con voce
impastata e si infilò una vestaglia e le pantofole. Ciabattò nel
corridoio, accendendo una luce dopo l’altra. Alla porta, strizzò
l’occhio nello spioncino e vide Maya che gli ricambiava cupa lo sguardo.

Tolse
la catena e il catenaccio e spalancò la porta. Maya si precipitò dentro
alle sue spalle, seguita dai cani e dalla compagna.

Era madida di
sudore e i capelli solitamente pettinati le stavano appiccicati alla
fronte a ciocche. Si stropicciò gli occhi, che erano rossi e cerchiati.

– Fa’ i bagagli, – disse rauca.

– Come? –

Lo prese per le spalle. – Fa’ come ti dico, – disse.

– Dove vuoi…? –


In Messico, probabilmente. Non lo so ancora. Fa’ i bagagli, cazzo –.
Entrò in camera sua spingendolo di lato e si mise a spalancare cassetti.

– Maya, – disse lui secco, – io non vengo da nessuna parte finché non mi dici che succede –.

Lei
gli lanciò uno sguardo truce e si scostò i capelli dal viso. – Il
Googlecleaner vive di vita propria. Dopo che ti ho ripulito, l’ho
spento e me ne sono andata. Era troppo pericoloso usarlo di nuovo. Però
lui è comunque impostato per mandarmi messaggi di conferma ogni volta
che entra in funzione. Qualcuno lo ha usato sei volte per ripulire tre
utenti molto specifici: utenti che per puro caso sono quelli di membri
della commissione commercio del senato candidati alla rielezione –.

– Da Google c’è qualcuno che getta fango sui senatori? –


Non da Google. Proviene da qualche altra parte. Il gruppo di indirizzi
IP di cui fa parte è registrato a Washington. E gli IP sono tutti usati
da utenti Gmail. Indovina a chi appartengono le caselle –.

– Hai sbirciato nelle caselle Gmail? –


E va bene. Sì. Gli ho guardato la posta elettronica. Lo fanno tutti, in
continuazione, e per motivi molto peggiori dei miei. Ma fa’ attenzione:
viene fuori che tutta quest’attività è diretta dalla nostra lobby.
Stanno solo facendo il loro mestiere: difendere gli interessi
dell’azienda –.

Greg si sentiva il sangue pulsare nelle tempie. – Dovremmo parlarne con qualcuno –.


Non servirà a niente. Sanno tutto di noi. Possono vedere ogni ricerca.
Ogni e-mail. Tutte le volte che siamo stati ripresi da una webcam. Chi
fa parte della nostra comunità… sapevi che se su Orkut hai 15 amici è
statisticamente provato che non sei a più di tre passi da qualcuno che
ha versato un contributo a una causa “terroristica”? Ti ricordi
dell’aeroporto? Stavolta sarà molto più dura –.

– Maya, – disse
Greg, cercando di riprendere il controllo. – Andarsene in Messico non è
un po’ esagerato? Licenziati e basta. Possiamo fondare un’azienda
nostra o qualcosa del genere. Questa è una follia –.

– Oggi sono
venuti da me, – disse lei. – Due agenti della sezione politica del
dipartimento di sicurezza. Sono rimasti ore. E mi hanno fatto un sacco
di domande pesanti –.

– Sul Googlecleaner –.

– Sui miei amici e sulla mia famiglia. Sulla mia cronologia di ricerca. Sulla mia storia personale –.

– Gesù –.

– Mi stavano lanciando un messaggio. Osservano ogni click e ogni ricerca. È ora di andare. Di mettersi fuori tiro –.

– In Messico Google ha una sede, lo sai, no? –.

– Dobbiamo andarcene, – disse lei, decisa.

– Laurie, tu che ne pensi? – chiese Greg.

Laurie
diede un buffetto tra le spalle ai cani. – I miei se ne sono andati
dalla Germania Est nel ’65. Mi hanno raccontato della Stasi. La polizia
segreta chiudeva tutto quello che c’era su di te nella tua cartella
personale: se raccontavi una barzelletta poco patriottica, tutto
quanto. Che lo volesse o no, quello che Google ha creato non è diverso
–.

– Greg, vieni? –

Lui guardò i cani e scosse la testa. – Ho dei pesos che avanzano, – disse. – Prendeteli. E state attente, va bene? –

Maya dava l’impressione di volerlo prendere a pugni. Poi, addolcendosi, lo strinse in un abbraccio feroce.

– Sta’ attento anche tu, – gli sussurrò in un orecchio.

Vennero a cercarlo dopo una settimana. A casa, nel cuore della notte, proprio come se l’era immaginato lui.

Due
uomini si presentarono alla sua porta poco dopo le due del mattino. Uno
rimase in silenzio sull’uscio. L’altro era del tipo cordiale, basso e
grinzoso, una giacca sportiva con una macchia su un risvolto e una
bandiera americana sull’altro. – Greg Lupinski, abbiamo motivo di
credere che lei abbia violato la Legge sulla frode e gli abusi
informatici, – disse per tutta presentazione. – Nella fattispecie, per
violazione di accesso protetto e per essersi procurato informazioni con
questo genere di condotta. Dieci anni per un incensurato. Ci risulta
che quello che lei e la sua amica avete fatto con i nostri archivi di
Google sia classificabile come reato penale. E oh, chissà cosa verrà fuori al processo… tutta la roba che avete cancellato dal suo profilo, tanto per cominciare –.

Greg
si era figurato questa scena per una settimana. Si era immaginato ogni
sorta di cose coraggiose da dire. Così aveva trovato qualcosa da fare
mentre aspettava notizie di Maya. Lei non aveva chiamato.

– Vorrei parlare con un avvocato, – fu tutto quello che riuscì a tirar fuori.

– Certo, può farlo, – disse il piccoletto. – Ma forse possiamo trovare un accordo migliore –.

Greg ritrovò la voce. – Vorrei vedere il suo distintivo, – balbettò.

Il
viso da bassotto del tizio si illuminò mentre lui emetteva una risatina
divertita. – Amico, io non sono uno sbirro, – ribatté. – Sono un
consulente. Google mi paga (la mia ditta rappresenta i suoi interessi a
Washington) per stabilire rapporti. Ovvio che non coinvolgeremmo la
polizia senza averne prima parlato con lei. Lei è di famiglia. A dire il vero, avrei un’offerta da farle –.

Greg si voltò verso la macchina del caffè e buttò il filtro usato.

– Io mi rivolgo ai giornali, – disse.

L’uomo annuì come se ci stesse riflettendo su. – Be’, certo. Potrebbe entrare negli uffici del Chronicle
domattina stesso e raccontare tutto. Loro cercherebbero una fonte per
confermare la cosa. Non ne troveranno neanche una. E quando tenteranno
di cercarla, noi li troveremo. Quindi, amico, che ne dice di starmi a
sentire? Il mio è un lavoro in cui si vince soltanto. E io lo faccio
molto bene –. Fece una pausa. – A proposito, questo caffè è eccellente,
ma non vuole dare prima una sciacquatina ai chicchi? Gli toglie un po’
di amaro e gli fa emettere l’olio. Ecco: mi passa un colino? –

Greg
guardò l’uomo togliersi la giacca in silenzio e appenderla a una sedia
della cucina, poi sbottonarsi i polsini e arrotolarsi le maniche con
cura, facendosi scivolare in tasca un orologio digitale da pochi soldi.
Versò i chicchi dal macinino al colino di Greg e li sciacquò dentro
l’acquaio.

Era un po’ tozzo e pallidissimo, con la grazia sociale
di un ingegnere elettrico. Sembrava un vero impiegato di Google, a dire
il vero, ossessionato com’era dalle minuzie. Se la cavava bene anche
con il macinacaffè.

– Stiamo mettendo su una squadra per il Blocco 49… –

– Non esiste nessun Blocco 49, – disse Greg meccanicamente.


Certo, – disse il tizio con un breve sorriso a denti stretti. – Non
esiste nessun Blocco 49. Ma noi stiamo mettendo in piedi una squadra
per ottimizzare il Googlecleaner. Il codice di Maya non era molto
efficiente, sa. È pieno di bug. Ci serve un aggiornamento. Lei sarebbe
l’uomo che fa per noi, e se tornasse da noi, quello che sa non avrebbe
più importanza –.

– Incredibile, – disse Greg con una risata. – Se pensate che sia disposto ad aiutarvi a infangare candidati politici in cambio dei vostri favori, siete più pazzi di quanto pensassi –.


Greg, – disse l’uomo, – noi non stiamo infangando nessuno. Ripuliamo
solo un po’ le cose. Per alcuni individui scelti. Sa cosa voglio dire,
vero? Qualunque profilo di Google risulta un po’ spaventoso a un esame
approfondito. E in politica l’esame approfondito è all’ordine del
giorno. Candidarsi a qualche carica è come sottoporsi a una colonscopia
pubblica –. Caricò la caffettiera e spinse giù lo stantuffo, il viso
distorto in una smorfia di solenne concentrazione. Greg recuperò due
tazze da caffè – tazze di Google, naturalmente – e le passò agli altri.


Faremo per i nostri amici quel che Maya ha fatto per lei. Solo una
pulitina. Non vogliamo fare altro che proteggere la loro privacy. Tutto
qui –.

Greg fece un sorso di caffè. – Che succede ai candidati che non ripulite? –


Già, – disse il tizio lanciando a Greg un flebile sorriso. – Già, ha
ragione. Per loro sarà un po’ dura –. Si frugò nella tasca interna
della giacca e tirò fuori diversi fogli ripiegati.

Li lisciò e li
appoggiò sul tavolo. – Questo è uno dei bravi ragazzi che ha bisogno
del nostro aiuto –. Era una stampata della cronologia di ricerca di un
candidato che Greg aveva sostenuto durante le ultime tre campagne
elettorali.

– Il tipo se ne torna nella sua camera d’albergo dopo
una giornata massacrante di campagna porta a porta, accende il
portatile e scrive “culi caldi” nella barra di ricerca. Bell’affare,
eh? Per come la vediamo noi, permettere che questo impedisca a un
brav’uomo di continuare a servire il suo paese è
semplicemente contrario ai principi dell’America –.

Greg annuì piano.

– Allora, aiuterà quest’uomo? – chiese il piccoletto.

– Sì –.


Bene. C’è un’altra cosa. Abbiamo bisogno del suo aiuto per trovare
Maya. Non aveva capito un tubo delle nostre intenzioni e adesso pare
che sia fuggita di galera. Quando avrà sentito le nostre ragioni
tornerà subito indietro, non ho dubbi –.

Lanciò un’occhiata alla cronologia di ricerca del candidato.

– Potrebbe darsi, – rispose Greg.

Il
nuovo Congresso ci mise undici giorni di seduta ad approvare la Legge
per la sicurezza e il controllo delle comunicazioni e degli ipertesti,
che autorizzava il dipartimento di sicurezza e l’NSA a esternalizzare
fino all’80 per cento del lavoro di analisi e raccolta dati a ditte
private. In teoria, i contratti andavano assegnati con una gara
d’appalto, ma dentro le sicure mura del Blocco 49 di Google nessuno
aveva dubbi su chi avrebbe vinto. Se Google avesse speso quindici
miliardi di dollari per prendere i cattivi alla frontiera, ci si poteva
scommettere che li avrebbero presi… è che i governi proprio non sono
attrezzati per Effettuare Ricerche Appropriate.

Il mattino dopo
Greg si esaminò con attenzione mentre si faceva la barba (ai tizi della
sicurezza la barba incolta da hacker non andava giù e non si facevano
nessun problema a dirglielo) e si rese conto che quello era il suo
primo giorno di lavoro come agente segreto de facto per il governo
degli Stati Uniti. Fino a che punto sarebbe stato orrendo? Non era
meglio che a occuparsi di queste cose fosse Google piuttosto che un
goffo burocrate del dipartimento di sicurezza?

Quando parcheggiò
nel Googleplex, tra le auto ibride e le rastrelliere per biciclette
traboccanti, aveva preso una decisione. Stava meditando su quale
frullato biologico prendere in mensa quando il suo tesserino
elettronico non aprì la porta del Blocco 49. Il LED rosso lampeggiava
monotono a ogni strisciata. In qualunque altro edificio avrebbe potuto
mettersi alle costole di qualcun altro, con tutta la gente che entrava
e usciva di corsa. Ma i responsabili del 49 spuntavano solo per i
pasti, e a volte neanche allora.

Striscia, striscia, striscia. Di colpo udì una voce al suo fianco.

– Greg possiamo scambiare due parole, per favore? –

L’uomo
grinzoso gli mise un braccio intorno alle spalle e Greg sentì l’odore
del suo dopobarba agli agrumi. Era lo stesso che usava il suo maestro
di sub a Baja quando uscivano a bere la sera. Greg non si ricordava più
il suo nome. Juan Carlos? Juan Luis?

Il braccio che l’uomo gli
aveva appoggiato sulla spalla era fermo, e lo allontanava dalla porta
dirigendolo verso il prato impeccabile, oltre il giardino di erbe
aromatiche davanti alla cucina. – Le diamo un paio di giorni liberi, –
disse.

Greg ebbe un’improvvisa fitta di ansia. – Perché? – Aveva fatto qualcosa di male? Sarebbe finito in prigione?


È per Maya –. L’uomo lo fece girare e lo fissò negli occhi
con il suo sguardo senza fondo. – Si è uccisa. In Guatemala.
Mi dispiace, Greg –.

Greg ebbe la sensazione di sfrecciare via,
in un luogo a chilometri di distanza dalla terra, una ripresa del
Googleplex su Google Earth, dove vide se stesso e l’uomo grinzoso
giù in basso come un paio di puntini, due pixel, minuscoli e
insignificanti. Ebbe voglia di strapparsi i capelli, di cadere in
ginocchio e di piangere.

Da molto lontano si sentì dire: – Non ho bisogno di giorni liberi. Sto bene –.

Da molto lontano sentì l’uomo grinzoso insistere.

La discussione durò a lungo, poi i due pixel si spostarono nel Blocco 49, e la porta gli si richiuse alle spalle.

Note di traduzione 

1 Ann Hart Coulter è una giornalista conservatrice statunitense nota per lo stile polemico

2 In Inglese “Scroogled”, gioco di parole tra “screw”, fottere, e Google: è questo l’intraducibile titolo del racconto.

3 Cantante folk conservatore.


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