Bar centro

In solidarietà ad Autistici/Inventati per il Norwegian Crackdown

L’albero fuori dalla finestra e’ la soglia oltre la quale la vita raggiunge limiti di complessita’ troppo elevati. Ogni volta che entra qualcuno dalla porta a vetri e sbatte sul portaombrelli l’ansia pervade il cervello come il sapore di caffe’ la bocca al mattino, aggrappato con le unghie al bancone del bar.

“Ciao francesco, senti ci sarebbe da acquisire informazioni su sta casella di posta. Fammi una firmetta, so’ i soliti pigliainculo”

Buongiorno lucia, mia musa ispiratrice, cassiera del bar Centro a due passi dalla questura. Se non fosse per te, giovane protesi del registratore di cassa, prenderei il caffe’ a casa, o  alle macchinette automatiche in ufficio, come gli altri colleghi. Ma per ascoltare quel “Buongiorno ispettore” e sognare un po’ del nostro amore mai dichiarato, passo ogni pausa avvinghiato alle tue dita veloci che corrono sul tastierino numerico.

“sarcazzo@autistici.org, che minchia di dominio, va beh. Alberto, c’ho da fare un attimo, finisco un paio di sti verbali, poi si fa la solita richiesta, ora vediamo, non so. non sto bene stamattina Alberto.”

Il dottore dice che non dovrei bere il caffe’, e l’analista che dovrei smettere di celarmi dietro alla tua figura, come il bambino tra le gonne della madre. Frequento il dottor Gismondi da cinque anni, e tengo con regolarità questo diario, mi ha aiutato molto, credo, ma mi sembra che oggi non basti piu’, ora che Lucia ha deciso di mettere tutto in disordine.

“dove stanno questi ? Norvegia, e che cazzo Alberto, però. Fino in norvegia per due righe di log.”

“Francesco da sù dicono che tocca fare la rogatoria, tocca pomparla un pò questa volta, poi io non ne so un cazzo, non mi interessa, firma e facciamo sta acquisizione di dati”

Si sposa, l’ha annunciato questa mattina, lascia la città e va a lavorare in una piccola coop di provincia. Vigliacca. Non era un idillio il nostro amore fatto di buongiorno e buonasera, di scontrini e spiccioli di resto. Ma era perfetto, e sempre ordinatamente corretto,  come il resto espresso fino alla seconda cifra decimale nello scontrino sempre uguale. Trasmetteva un senso di sicurezza, di pace immota, senza incatenarci  in scambi umorali di fluidi corporei dai forti odori. Cloaca. Ecco ho amato una fogna di donna, che si fa fottere nel retro del reparto macelleria di una coop di provincia. Puttana. Le forme del nostro amore erano perfette come le linee di un’architettura del palladio. Mi ha detto “lo sa ispettore mi sposo, da lunedi’ non ci si vede piu’, ma magari passo qualche volta qui dal bar”. E ha sbagliato a scrivere un euro al posto di due. Per la prima volta ha sbagliato lo scontrino, e di conseguenza il resto. Troia. Perche’ dovevi costringermi a fare ordine, a rimettere tutto in ordine ? Quando l’ho seguita fino nel magazzino le ho chiesto conto di tutto. Ti sembra in ordine questo posto ? Gli scaffali ? La mia vita ? Se non sei in grado di riconoscere un principio d’autorita’ come posso salvarti ? Come posso far tornare i conti se sbagli i resti ? E ho continuato l’interrogatorio fino a quando l’ultimo spasmo non ha lasciato posto ad un mare placido e quieto.

“Si’ Albo, firmo, firmo. Si fa un po’ d’ordine, Alberto eh ? Vai”

“Vai, chiudi sta cosa, che si va a prendere un caffe’ giu’ al Centro”

“Al Centro credo ci sia troppa confusione oggi, Alberto, meglio qui alle macchinette al terzo piano. Offro io”


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