Consumate il futuro!

Ecco la versione online della prima uscita di Collane di ruggine.

Qui di seguito la quarta di copertina e il prologo scritto dall’autrice. Sotto al titolo trovate la versione integrale di tutto il libro in formato pdf (756 K).

Manuela Puvia

Consumate il futuro! 

consumate-il-futuro.pdf

Perche’ pubblicare un libro di critica su J. G. Ballard ? Perche’ proprio lui ? E’ un autore blasonato, probabilmente anche ricco, che non ha certo bisogno di noi per emergere. In piu’ noi non siamo una casa editrice ne’ ci interessa diventarlo. Siamo uno strano mix che unisce frattaglie del collettivo Autistici/Inventati e abituali autoproduttori sparsi per l’Italia. L’opera di Ballard per noi e’ la scusa per parlare del rapporto tra uomo e tecnologia, un tema che nel nostro presente di post-rivoluzione informatica, nel fiorente sviluppo di biogenetica e biomeccanica, non é questione da poco. Si tratta di un testo ricavato da una tesi di laurea, che inquadra Ballard in una dimensione antropologica. Confronta le suggestioni e l’immaginario del suo mondo con quanto l’uomo moderno (o postmoderno, o quello che preferite) prova quando si rivolge alla tecnologia, quando scopre la propria identita’ mutata e si ritrova a interrogarsi sul futuro. Il sapere tecnico non sembra essere reversibile, dai videogiochi alla bomba atomica, non c’e’ ritorno da Nagasaki. Con la tecnologia e’ necessaro confrontarsi/scontrarsi in maniera critica, non convenzionale. Questo testo e gli altri che speriamo seguiranno, vorrebbero contribuire un poco a nutrire questo tipo di riflessioni, ad accrescere per primo in chi li scrive e pubblica la propria capacita’ di interpretare il reale e di sopravvivergli.

Manuela Puvia e’ una giovane e scapestrata carrarina trasferitasi a Firenze diversi anni orsono.
Laureata in Scienze dell’educazione a Firenze sbarca il lunario da buona precaria flessibile. Appassionata di fantascienza e filosofia, contaminata irrimediabilmente da cyber e punk, da che mondo e’ mondo sbandiera ai quattro venti le ragioni dell’antipsichiatria e le aberrazioni delle istituzioni totali. In direzione ostinata e contraria.

 
Prologo

Il libro che state sfogliando nasce originariamente come una tesi di laurea dal titolo “Psicogeografie del contemporaneo: a partire da J. G. Ballard”. Rispetto al testo originale abbiamo apportato alcune modifiche, eliminando un capitolo e invertendo l’ordine degli altri due, ossia l’inizio di questo libro è in realtà la parte conclusiva della tesi, per questo manca forse un’introduzione più generale alla poetica dell’autore e al legame che la unisce al rapporto tra essere umano e tecnica.

Vorrei quindi cercare di spiegare perché la scelta di un autore come Ballard e quali sono le suggestioni contenute nei suoi libri che possono trasformarsi in riflessioni di ampio respiro sul mondo ad alta intensità tecnologica in cui viviamo.

La fantascienza, come suggerisce il termine stesso, è un genere letterario attento a registrare e descrivere i mutamenti possibili che il grado di sviluppo tecnico e scientifico di una data epoca lascia presagire, in altre parole “le fantasie della scienza” di un futuro mai troppo lontano.

La fantascienza ballardiana mantiene un legame stretto con quelle che sono le mutazioni identitarie e dell’ambiente di vita provocate dagli sviluppi della tecnoscienza,ma la sua particolarità sta nel descrivere i mutamenti in atto in un’ottica differente rispetto a quella degli scrittori della sua epoca.

A metà degli anni Cinquanta, quando Ballard comincia ad affermarsi come scrittore, il genere fantascientifico è contraddistinto dalla “space opera”, ossia da storie il cui fulcro ruota attorno alla scoperta di nuove dimensioni interstellari, di viaggi nello spazio alla ricerca di pianeti sconosciuti e civiltà extraterresti.

Ed è proprio a questo genere di trame, con poche variazioni sul tema, anemiche di critica verso il progresso tecnoscientifico, incapaci di far riflettere il lettore sui cambiamenti in atto nella società, che Ballard si oppone, considerando la fantascienza ben altro che una letteratura d’evasione.

Nel saggio apparso sulla rivista New Worlds nel 1961, “Qual’è la strada per lo spazio interno?”, l’autore definisce gli intenti della sua poetica e le tematiche che, a suo avviso, anche gli altri scrittori di fantascienza dovrebbero prendere in considerazione, per non relegare il genere ad una letteratura-passatempo: la nascita della società dei consumi, l’invasione mass-mediatica, le tecnologie asservite all’industria bellica, farmaceutica, al controllo della vita degli individui, le nocività che sempre di più intossicano e devastano il nostro ambiente di vita, la logica del profitto e del mercato come unica e incontrastabile ragione che muove le fila di tutto il sistema.

Questi sono gli aspetti della vita di tutti i giorni che interessano lo scrittore, di questo parlano i suoi libri, voltando le spalle allo spazio e descrivendo le mutazioni radicali in atto sulla terra, l’unico pianeta veramente alieno.

Ed in questo viaggio in cui Ballard mette in mostra le quotidiane atrocità umane, la sua ricerca muove verso l’interiorità dell’individuo, verso quel territorio mobile e non delimitabile attraversato da affetti, sogni, desideri, potenza di trasformazione: l’inner space.

In questo spazio inconscio (dal sapore dichiaratamente surrealista) le nostre percezioni del presente, sovraccarico di flussi informativi ed edulcorati diktat di ogni genere, si fondono con le immagini trasmutate del passato (non soltanto della nostra storia individuale, ma di quella di tutto il regno biologico, secondo il principio ballardiano per cui l’ontogenesi ricapitola la filogenesi) e danno vita ad una rielaborazione personale dell’esistente, creano un altro mondo.

In libri come La mostra delle atrocità oppure Crash è particolarmente evidente questo rifiuto da parte dei protagonisti di accettare la realtà così com’è e di sfidarla invece al suo stesso gioco, rivoltando contro se stessi i processi che hanno creato quest’insanabile frattura tra un mondo dalla geografia esaurita e costantemente in svendita e l’individuo che assomiglia sempre di più all’handicappato motorio superequipaggiato di Virilio.

Solo tramite la rottura della norma sociale, attraversando situazioni limite, da catastrofe imminente o già avvenuta, sfidando la benevola tirannia della società dei consumi e le sue regole, i suoi personaggi riescono a ri-fare il mondo e a conservare quel poco di umanità che gli altri protagonosti -comparse del grande romanzo della vita hanno perso.

Ed è proprio questa potenza di trasformazione, questa intensità inconscia ed immaginativa che ci attraversa che collega la poetica ballardiana alla riflessione sulle origini del rapporto tra l’essere umano e la tecnica.

L’essere umano è un animale tecnico, poiché date le sue carenze biologiche ed istintuali non sarebbe mai sopravvissuto in un mondo che non si pone all’origine come naturale dimora.

Il senso della tecnica, quindi sta tutto nel vedere oltre il presente la dimensione del possibile e trasformare il già dato, l’inutilizzabile in qualcos’altro che possa avere un senso.

Per questo quando si parla di tecnologie penso sia importante risalire all’origine del rapporto che vede la nostra specie legate a doppio filo alla tecnica, per non perdere la misura delle cose, ossia per considerare il mezzo tecnico come uno strumento che comunque non ha vita propria.

Questo non significa restare ciechi e sordi di fronte alla non neutralità del sapere tecnico, ai suoi molteplici usi nelle mani di pochi (penso alle multinazionali del farmaco, all’industria bellica, al controllo permesso dalle strumentazioni “amiche”), né accettare acriticamente e passivamente il “progresso” come un dio benevolo che ci guarirà da tutti i mali, ma neanche vuol dire rassegnarsi ed incrociare le braccia aspettando che un miracolo ci riporti indietro, in un paradiso perduto o che un esercito di robot prenderà coscienza e farà fuori i suoi creatori.

Anche perché non è delle macchine “intelligenti” che ho paura, ma della stupidità umana, di quell’incapacità di sentire e di pensare, della corsa al profitto, della competizione, delle idiozie mass-mediatiche bevute prima di addormentarsi, del sogno della merce durante la notte, delle stragi in nome della pace e della democrazia, di tutto ciò che ci rende consumatori e produttori prima che esseri umani: sempre più simili alle macchine, senza il dono dell’immortalità.!–
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