Oggi è morto a Milano Antonio Caronia.
L’ho incontrato in due occasioni e se ci penso me lo ricordo come un orgoglioso punk intrappolato nel corpo di un fragile settantenne. Ho letto molto di quello che ha scritto e di quello che ha tradotto. Gran parte della ruggine che ho nel cervello la devo a lui.
Probabilmente Caronia ha preso per mano una generazione e l’ha aiutata a capire quello che stava succedendo. Gli ha raccontato dell’acciaio e del silicio, degli uomini meccanici e delle invisibili intelligenze. In tutti questi anni non ci ha mai lasciato da soli con le nostre angosce, ha condiviso con noi lo straziamento dei corpi mercificati, la reificazione dei nostri sentimenti, lo spaesamento nei non-luoghi. E dopo averci presentato Dick e Ballard e introdotto alle vorticose feste di Gibson e Sterling, ci ha sussurrato all’orecchio quanto fosse malinconico parlare di fantascienza in un mondo senza futuro.
Qui sotto, parte di un’introduzione che Caronia aveva scritto tempo fa per un seminario su tempo e steampunk a cui aveva invitato anche noi. C’e’ tutta la sua scintillante lucidità.
Qui il testo integrale.
Pinche -> Collane di Ruggine
“Se dal punto di vista letterario lo steampunk non è che una forma particolare di ucronia (sottogenere non molto prolifico, in passato, nella fantascienza, ma di recente assurto a una certa popolarità – per quanto effimera la si possa prevedere), la sua estensione a tema culturale o addirittura a stile di vita solleva problemi che vanno al di là del semplice meccanismo del “what if…?„ Continue reading